La vera storia dietro il muro

Another brick in the wall (parte 1)


Se in The Thin Ice e ancor prima in In the Flesh sembrava quasi che Pink trovasse difficoltà nell’accettare la propria condizione – giustificandosi e attribuendo il suo disagio alle colpe trasmesse dai “padri” e ad una società troppo violenta per meritare anche solo un briciolo di fiducia – in Another Brick in the Wall lo scenario cambia: la consapevolezza del problema riaffiora dall’inconscio, la teoria del muro, in un primo momento solo accennata, si trasforma adesso in una concreta rappresentazione metaforica della propria condizione. Nella scena iniziale della chiesa Pink svela l’essenza del suo primo mattone: l’essere stato costretto a crescere con un solo genitore, fatto che indiscutibilmente l’ha reso diverso (e quindi ha creato la prima distanza) dagli altri bambini.

Da Another brick in the wall in poi il regista e l’autore ci portano davanti a quel muro e Pink inizia a raccontarcene la genesi. Difficile non restare affascinati dall’immagine che ne viene fuori, in fondo ognuno di noi, chi in misura maggiore chi minore, crea il suo muro per proteggersi dai fatti dolorosi, spesso le barriere automatiche che creiamo sono utili per continuare a vivere, per lasciarsi alle spalle le esperienze traumatiche sulle quali è difficile se non impossibile intervenire. Nel caso di Pink le eccessive barriere e soprattutto il continuo reprimere le emozioni più profonde, ha generato una stratificazione a livello inconscio di ogni conflitto irrisolto.

Secondo la psicologia ufficiale la maggior parte dei disturbi della personalità (vedi definizione su Wikipedia) deriva proprio da tale atteggiamento e trova spesso le sue origini in età infantile. Il bambino infatti possiede pochi o nessuno strumento per affrontare un certo tipo di dolore. In alcuni casi i genitori sono in grado di rimediare con il dialogo o anche con il solo affetto, in altri ottengono invece l’effetto opposto e cioè alimentare l’ossessione di un mondo crudele dal quale stare alla larga per accentrare l’affetto dei propri figli. E’ il caso di Pink che da una parte si ritrova una madre iperprotettiva che gli racconta di un mondo che non esiste, e dall’altra il mondo vero e proprio col quale si scontra già da bambino, nel parco giochi, dove ogni suo coetaneo ha un padre che lo accompagna al parco giochi senza lasciarlo solo (come invece ha fatto la madre).

Pink gioca con l’aeroplano

Another brick in the wall ha inizio con un riff di chitarra ossessivo in Re minore che fa il suo ingresso sull’ultimo accordo aperto di The Thin Ice. Volendo azzardarne un’interpretazione letteraria si potrebbe associare il delay (effetto eco) utilizzato da Gilmour, all’infanzia di Pink, una “eco” lontana (perdonate la forse eccessiva ingenuità nel paragone) di emozioni troppo forti ed acerbe per poter essere espresse a parole. Anche l’andamento del ritmo sembra suggerire, in un percorso fatto di piccoli passi scanditi da una “plettrata” e l’altra, un progressivo allontanamento dal mondo che inizia quando il bambino aveva 5 o 7 anni e giocava nella Cappella dei Fucilieri Reali col suo aeroplano modello Lancaster mentre la madre, inginocchiata sulla panca e visibilmente affranta, pregava.

TOGETHER WE STAND
DIVIDED WE FALL

E’ arrivato il libro della guida in italiano a Pink Floyd The Wall di Alan Parker,
una versione ampliata, riveduta e corretta dell’analisi contenuta in questo sito web.


Another brick in the wall 1

Daddy’s flown across the ocean
Leaving just a memory
A snapshot in the family album
Daddy what else did you leave for me
Daddy what d’ya leave behind for me
All in all it was just a brick in the wall
All in all it was all just bricks in the wall.

Un altro mattone nel muro 1

Papà è volato attraverso l’oceano
Lasciando solo un ricordo
Un’istantanea nell’album di famiglia
Papà cos’altro hai lasciato per me?
Papà cosa hai lasciato per me?
Dopotutto era solo un mattone nel muro
Dopotutto era tutto solo mattoni nel muro


Nella prima frase del testo (Daddy’s flown across the ocean) la parola oceano può essere interpretata sia in senso letterale – e cioè nel merito dell’elemento che separa l’Inghilterra dall’Italia, terra dove Pink padre ha combattuto ed è morto –  sia in senso metaforico assecondando l’idea che l’aldilà possa essere paragonato ad una vasta ed inesplorata massa d’acqua (ad esempio, nella mitologia greca si entrava nell’Ade dopo aver attraversato sei fiumi, tra i quali il famoso Stige). A separare Pink dal padre c’è quindi un oceano che rappresenta la morte vera e propria.

Nei paragrafi successivi la separazione è ancora più netta, oramai non è più un uomo che combatte dall’altra parte del mare, ma solo un ricordo, e quindi qualcosa di immateriale rappresentato da una fotografia nell’album di famiglia.

Anche la scelta nella coniugazione dei verbi rafforza a mio parere il sentimento di separazione dal padre: la prima riga del testo contiene il presente indicativo (Papà è volato…), come se il padre fosse ancora lì e potesse tornare da un momento all’altro, le righe conclusive invece utilizzano al passato (dopotutto era solo un mattone nel muro).

Come in The Thin Ice, dove assistiamo ad una contrapposizione temporale (la madre che rassicura il suo bambino, ed il bambino adulto che la rimprovera), anche in Another Brick in the Wall Pink dapprima impersona il bambino, per poi passare all’adulto che prende consapevolezza di quei mattoni mentali che il padre gli ha lasciato con la sua morte (Papà cos’altro hai lasciato per me).

Alla luce delle suddette considerazioni comprendiamo come il titolo originario della canzone fosse Another Brick in the wall: Reminiscing e cioè reminescenza. E’ interessante notare anche come i momenti appartenenti al trittico utilizzino la stessa tonalità in RE MINORE mutando solo negli arrangiamenti, come se attraverso la musica i Pink Floyd stessero descrivendo gli stadi di crescita di Pink. Il primo con un ritmo calmo in quanto rappresenta il bambino taciturno che in When the tigers broke free indossa il berretto del padre per fare l’adulto. Il secondo decisamente rock con un ritmo sostenuto in quanto rappresentazione di Pink adolescente alle prese col mondo della scuola e le angherie dei professori e dei compagni (non abbiamo bisogno di educazione). Mentre il terzo con toni psichedelici degni dei primi Pink Floyd a descrivere l’adulto con i problemi di droga e la voglia di allontanarsi da ogni relazione umana (non crediate che abbia bisogno di niente).

Memoriale

Riguardo le scene del film, così come racconta Roger nelle interviste sul dvd, la parte iniziale di Pink con la madre in chiesa è ispirata ad un fatto reale, ed in particolare ad un giorno in cui il nonno (e non la madre come si vede nel film) portò il giovane Roger alla Cappella dei Fucilieri Reali a Londra per vedere il memoriale di quei fucilieri che persero la vita nella prima e seconda guerra mondiale. L’evento ha sicuramente lasciato un segno indelebile nella mente del bambino che ha letto il nome di suo padre inciso nel libro della cappella.

Il padre di un altro bambino, mette Pink sulla giostra

Nella scena successiva, e cioè quella in cui la madre lo lascia al parco cittadino, si chiarisce il senso di tutto il nostro discorso. Pink si avvicina alla giostra guardandosi intorno e appurando con tristezza che ogni bambino è accompagnato dal padre. Nel desiderio infantile di potersi sentire come gli altri chiede al signore con l’impermeabile di aiutarlo a salire sulla giostra. La gioia e la soddisfazione nel volto del bambino sono evidenti, così come la delusione quando, al termine del giro, l’uomo si allontana prendendo il figlio per mano. Pink cerca ancora la mano dell’altro padre, ma questa volta viene allontanato malamente. Ci prova ancora, ed ancora ottiene un rifiuto. Alla fine demorde e torna sull’altalena con uno sguardo che non tradisce alcuna emozione, probabilmente uno dei tanti episodi dolorosi che il bambino non faceva altro che reprimere.

A questo punto concludo con una riflessione: a nessuno di noi piace soffrire e ciascuno, col tempo e l’esperienza, impara a gestire il proprio dolore. Un atteggiamento sano davanti alle difficoltà è quello di affrontarle, decidendo se è possibile risolvere il problema o accettarlo nel caso in cui sia un evento passato o un fatto non risolvibile. Solo con questo atteggiamento possiamo affrontare ogni giorno che viene senza la paura di “finire dentro un muro”.  Sicuramente ogni persona è diversa dall’altra, ognuno gestisce il proprio dolore a modo suo e di tanto in tanto un piccolo muro intorno ce lo costruiamo tutti, specialmente quando siamo stanchi o semplicemente disincantati. Alcuni hanno la sfortuna di dove affrontare dolori enormi ad un’età in cui non hanno strumenti per gestirli, altri vivono esperienze talmente mostruose da non riuscire neppure ad immaginare le conseguenze che potrebbero avere su di noi. Pink è sicuramente una personalità fragile che ha iniziato a costruire il suo muro sin da bambino senza chiedersi se fosse giusto o sbagliato; ha perseverato poi in questa modalità aggiungendo mattoni su mattoni là dove sperimentava esperienze dolorose, continuando a credere che quello fosse l’unico modo in cui poteva affrontare i problemi. Una cosa è certa, se da bambino avesse capito che i mattoni non erano la soluzione, di sicuro l’adulto non avrebbe finito per ritrovarsi all’interno di un muro, costretto ad affrontare tutti quei mattoni-dolori in una volta sola.

Formazione

  • Roger Waters – voce principale, basso elettrico
  • David Gilmour – chitarra principale; armonie vocali
  • Richard Wright – Prophet-5 Synthetiser, Minimoog (Part 1)

Immagini


ANALISI CRITICA A PINK FLOYD THE WALL DI ALAN PARKER


PINKFLOYDTHEWALL.IT – LA VERA STORIA DIETRO IL MURO © 2011-2023 Nicola Randone. Lyrics / Artwork © 1979 Pink Floyd / Gerald Scarfe. Images from the movie © 1982 Sony Music Entertainment. E’ facoltà di chi lo desidera riportare i contenuti della presente opera a patto di citare la fonte e comunque nella sola eventualità che si tratti di progetti senza finalità di lucro. Ogni uso non autorizzato dei testi sarà perseguito nei termini di legge.


1 Commento

  • Ho notato che la seconda volta in cui Waters urla “Daddy, what’d you leave behind for me?” la videocamera mostra Pink che guarda la madre. Forse è proprio questo il pensiero che gli è passato per la mente: mentre gli altri bambini avevano un padre che li portava al parco giochi, a lui era rimasta solo una madre iperprotettiva.. la frase quindi è da intendersi sarcasticamente

La vera storia dietro il muro

Indice dell’analisi

"Pink Floyd's 'The Wall': Dietro il muro" © 2011-2017 Nicola Randone. Lyrics / Artwork © 1979 Pink Floyd / Gerald Scarfe. Images from the movie © 1982 Sony Music Entertainment.
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