La vera storia dietro il muro

In the flesh!


La seconda parte di In the flesh dev’essere intesa come l’arrivo narrativo ai fatti presenti. Quel personaggio ambiguo e razzista che abbiamo incontrato nella prima parte, altro non è se non la risultante delle vicissitudini di Pink rivissute da quell’uomo, seduto sulla poltrona in stato catatonico, che appare all’inizio del film.

Pink isn’t well, he stayed back at the hotel” (Pink non sta molto bene, è rimasto in albergo) recita un verso della strofa che la rock-star canta, nelle vesti di Bob Geldof. La dichiarazione del dittatore sottolinea la grave dissociazione mentale di cui Pink  è vittima: il suo vecchio “involucro” ha ceduto il controllo alla personalità più aggressiva scaturita dai traumi infantili e, presumibilmente, dall’interruzione forzata del viaggio interiore intrapreso a partire da Hey You.

Il suo pubblico è fatto da gregari in visibilio, esaltati dall’apparizione del loro idolo, in alcuni possiamo leggere la scritta Hate (odio) sulle magliette, tutti inneggiano all’uomo che si fa strada tra loro per salire sul palco e consegnare la sua canzone/discorso. Alcuni fanno il saluto romano, altri rispondono al saluto con le braccia incrociate, la scena è ben lungi dall’essere quella di un concerto rock, al contrario sembra trattarsi di un’assemblea politica ove il logo dei martelli incrociati sostituisce quello della svastica; lo stesso Waters, nei commenti del DVD, ha suggerito che l’ambientazione è ispirata al Raduno di Norimberga.

Se ascoltato fuori dal contesto, anche questo brano è suscettibile di errate interpretazioni, nello specifico sia l’ambientazione che i contenuti del testo rendono facile giudicare In the Flesh pt.2 una canzone razzista ed omo-fobica   Tuttavia, come ho più volte ribadito, leggere un singolo episodio di The Wall fuori dal contesto dell’album è come approcciarsi al singolo capitolo di un libro senza aver letto l’intera pubblicazione. Una cosa è certa: i Pink Floyd non sono una band razzista, nè lo è Roger Water, al contrario quest’ultimo ha speso buona parte della sua carriera a parlare contro l’ingiustizia e le discriminazioni, pertanto anche volendo trascurare i fatti narrativi, la palese discutibilità del messaggio e la violenza delle immagini ci portano a considerare che il pezzo sia stato concepito per essere volutamente offensivo e che le intenzioni dell’autore, come del regista, siano quelle di veicolare un messaggio satirico dai contenuti che ci apprestiamo ad analizzare.

Da un punto di vista narrativo è superfluo interrogarsi se il concerto, così com’è descritto, sia o meno il frutto dell’ennesima allucinazione della mente di un uomo oramai profondamente disturbato: la realtà ce la siamo lasciata alle spalle nella scena di Comfortably Numb dove la troupe “preleva” Pink dalla camera dell’albergo perchè sostenga il concerto. Tutto quello che avviene, dalla scena della limousine fino a questo momento, è solo il delirio del protagonista che ha come oggetto un pubblico di esaltati che si muove tra bandiere con martelli incrociati e bracieri in puro stile hitleriano.

TOGETHER WE STAND
DIVIDED WE FALL

E’ arrivato il libro della guida in italiano a Pink Floyd The Wall di Alan Parker,
una versione ampliata, riveduta e corretta dell’analisi contenuta in questo sito web.


In the flesh pt. 2

So ya thought ya
Might like to
go to the show.
To feel that warm
thrill of confusion,
That space cadet glow.

I’ve got some bad news for you
sunshine,
Pink isn’t well,
he stayed back at the hotel
And they sent us along
as a surrogate band
We’re gonna find out
where you fans really stand.

Are there any queers
in the theater tonight?
Get them up against the wall.
Gainst the wall!
There’s one in the spotlight,
he don’t look right to me,
Get him up against the wall.
Gainst the wall!

That one looks Jewish!
And that one’s a coon!
Who let all of
this riff-raff into the room?
There’s one smoking a joint!
And another with spots!
If I had my way,
I’d have all of you shot!

In persona pt. 2

Così pensavi
che ti avrebbe fatto piacere
andare allo spettacolo
per sentire il caldo
brivido della confusione,
Quella sognante euforia.

Ho brutte notizie per te,
tesoro
Pink non si sente bene,
è rimasto in albergo
E hanno mandato noi
come band surrogato
E noi scopriremo
da che parte voi fan state veramente

Ci sono delle checche
stasera in teatro?
Mettetele contro il muro
CONTRO IL MURO
C’è uno sotto le luci
che non mi sembra tanto a posto
Mettetelo contro il muro

E quello là sembra ebreo
E quello è negro
Chi ha lasciato entrare
questa feccia nella sala?
Ce n’è uno che fuma una canna
E quell’altro si buca
Se fosse per me
vi fucilerei tutti
CONTRO IL MURO


Dopo la trasformazione in dittatore, Pink marcia lungo un corridoio con diverse guardie skinhead al suo seguito; tutti vestono con le medesimi uniformi e procedono a passo militare. Dipoi entra nell’arena e si fa strada tra la folla come fosse un politico, baciando bambini e agitando le mani.

Iniziato il concerto-comizio Pink inizia a mettere alla prova la fedeltà dei propri sostenitori, e lo fa impartendo una sequenza di ordini che comportano la “messa al muro” (per la fucilazione?) di tutti coloro che non corrispondono a ben precisi criteri: gay, neri, ebrei, drogati e più in genere tutti quelli che semplicemente non gli vanno a genio. Se in One of my turns come anche in Don’t leave me now riuscivamo a scorgere nell’uomo una luce di umanità, pur assistendo ad una prima manifestazione del carattere violento di quest’ultimo, in questa veste Pink è privo di qualsiasi emozione positiva, la sua anima è un concentrato di puro odio.

E’ interessante notare come tutto ciò che più lo ha ossessionato nelle sue relazioni si sia incarnato completamente nella nuova personalità. In psicoanalisi è abbastanza comune che le menti ossessionate finiscano per assimilare i contenuti delle proprie ossessioni facendosene consumare, in Pink avviene proprio questo: il “dittatore” nasce dall’odio che ha sempre provato per la guerra; il suo alter-ego è la personificazione del maestro di scuola e di quel governo tanto criticato, entrambe entità autoritarie; i mattoni che nel corso della sua vita ha tristemente raccolto per alzare il suo muro, la paura e la paranoia instillatigli dalla madre e la delusione legata al fallimento del proprio matrimonio si concentrano adesso nel mostro senza cuore che dominerà le scene del film fino al brano Stop.

Ancora una volta il personaggio del dittatore, assimilabile a personalità come quella di Hitler, è una scelta decisamente azzeccata sul piano tematico; senza doverne trarre interpretazioni forzate, è chiaro il messaggio che Waters vuole trasmetterci: tutte le guerre ed i sistemi politici di tipo dittatoriale sono causate da processi simili a quelli vissuti dal protagonista e cioè la mancanza di comunicazione. In effetti la storia ha più volte dimostrato che qualsiasi entità (dittatori, governi, gruppi politici) che costruisca “mura metaforiche” tra sè e ciò che si giudica diverso, finisce per opprimere, segregare o uccidere.

Un’altra interessante interpretazione riguarda il pubblico. Così come il popolo segue il suo dittatore, per paura od ignoranza, mettendolo sopra un piedistallo e non interrogandosi se ciò che dice e come agisce sia giusto o sbagliato, così il pubblico di un concerto rock esalta i musicisti quasi fossero dei semi-dei piuttosto che limitarsi a considerarli solo uomini di talento in grado di trasmettere emozioni. L’incidente avvenuto nel tour In the flesh (non è un caso che la canzone prenda il nome proprio da quell’evento) del 1977, in cui Waters sputò ad una persona del pubblico, potrebbe essere stata fonte di ispirazione per l’autore, non per il gesto in sè ma per quello che ci suggerisce: l’adorazione di un fan è tale che persino uno sputo in faccia diventa un atto legittimo da parte dell’artista. Gli psicologi fanno notare come, nella società occidentale, le persone tendano a vivere la propria vita indirettamente attraverso le celebrità, che si tratti di attori, musicisti o politici. La tendenza a definire se stessi attraverso la musica, i film o le azioni di persone di successo, è abbastanza usuale, specie nelle personalità deboli. Il fatto che il gossip sia uno dei temi più seguiti dal popolo ne è una prova: perché interessarsi morbosamente alla vita privata di un attore quando l’unico interesse dovrebbe essere rivolto solo al film che ha interpretato? In questo modo Waters gira lo specchio proprio su di noi, il suo pubblico, invitandoci a riflettere su quale parte è davvero da biasimare, se quella del dittatore diventato tale a causa del suo isolamento, o quella dei seguaci che seguono alla cieca le sue follie. In definitiva entrambi sono da condannare.

Secondo questa interpretazione il racconto reale della canzone è secondario rispetto al messaggio satirico trasmesso in essa. Ogni aspetto della scena: gli striscioni coi martelli incrociati, l’esultazione della folla, le scene di violenza nella quale anche chi indossa una semplice maglietta colorata viene messo contro il muro, scandisce l’idea che i concerti rock moderni sono più simili a “raduni di Norimberga” piuttosto che a spettacoli artistici: le celebrità che scegliamo di adorare diventano i nostri modelli, i nostri leader, le nostre divinità e nessuno mette in dubbio i comandi di una divinità; se ti viene chiesto di uccidere qualcuno solo perchè è gay, ebreo o nero, la cosa non viene messa in discussione, lo si fa e basta, la folla esegue semplicemente ciò che gli viene comandato, proprio come i bambini in una scuola, o gli ufficiali nazisti nei campi di concentramento.


Curiosità

  • Waters avrebbe voluto che nel film alcune teste tra il pubblico esplodessero in fontane di sangue. Alan Parker ha bocciato la proposta giudicandola eccessiva.
  • Il logo dei martelli incrociati è purtroppo stato adottato dal gruppo razzista conosciuto come Hammer nel 1988
  • Inizialmente Bob Geldof, nella registrazione del cantato per la scena del film, fece uno scherzo a David Gilmour cantando tutta la canzone con uno spiccato accento irlandese. La storia vuole che il chitarrista dei Floyd lo guardò scioccato dal banco mixer.
  • La scena di In the flesh è stata girata alla New Horticultural Hall di Londra. L’assistente di regia Ray Corbett ha assoldato oltre 400 skinhead 24 dei quali hanno formato la guardia privata di Pink
  • Sia Alan Parker che Gerald Scarfe hanno rivelato che non è stato piacevole prendere parte a questo momento del film. In certi momenti alcuni attori sembravano prendere la storia molto sul serio, Scarfe racconta di aver visto uno degli skinhead con il simbolo dei martelli sulla testa mentre Parker non ha gradito l’ingresso degli attori con tanto di uniforme e stivali entrare in un pub durante il suo pranzo.
  • Nel momento in cui Pink incalza contro le minoranze tra il pubblico, si può cogliere un riferimento agli incontri della British Union of Fascists prima della seconda guerra mondiale. Durante il loro meeting, i relatori parlavano di come le minoranze stessero distruggendo l’Inghilterra. Vicino alla fine dei discorsi, essi identificavano membri delle varie minoranze tra la folla facendoli buttare fuori dalle camicie nere

Formazione

  • David Gilmour – chitarre
  • Nick Mason – batteria
  • Roger Waters – voce, basso, VCS3 (Bob Geldof – Voce nel film)
  • Richard Wright – sintetizzatore
  • Freddie Mandell – organo Hammond
  • Joe Chemay – corista
  • Stan Farber – corista
  • Jim Haas – corista
  • Bruce Johnston – corista
  • John Joyce – corista
  • Toni Tennille – corista

Immagini


ANALISI CRITICA A PINK FLOYD THE WALL DI ALAN PARKER


PINKFLOYDTHEWALL.IT – LA VERA STORIA DIETRO IL MURO © 2011-2023 Nicola Randone. Lyrics / Artwork © 1979 Pink Floyd / Gerald Scarfe. Images from the movie © 1982 Sony Music Entertainment. E’ facoltà di chi lo desidera riportare i contenuti della presente opera a patto di citare la fonte e comunque nella sola eventualità che si tratti di progetti senza finalità di lucro. Ogni uso non autorizzato dei testi sarà perseguito nei termini di legge.

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La vera storia dietro il muro

Indice dell’analisi

"Pink Floyd's 'The Wall': Dietro il muro" © 2011-2017 Nicola Randone. Lyrics / Artwork © 1979 Pink Floyd / Gerald Scarfe. Images from the movie © 1982 Sony Music Entertainment.
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