La vera storia dietro il muro

Bring the boys back home


Nella sua intervista del 1979 con Tommy Vance, Roger Waters ha descritto questa canzone come “il pezzo centrale dell’intero album“. Un’affermazione del genere potrebbe suonare curiosa a primo acchito, soprattutto alla luce del fatto che non contiene alcun riferimento narrativo alla storia personale di Pink. E’ stato difficile infatti anche per un appassionato come il sottoscritto vederla come qualcosa di più di una semplice canzone di protesta contro la guerra per gli effetti che quest’ultima ha sul presente e sulle generazioni future identificate dai bambini che perdono i loro padri.

A spiegarci come interpretare correttamente il brano ci pensa lo stesso Waters: letteralmente il brano invita a non lasciare andare le persone a morire nelle guerre, in senso metaforico aggiunge di non permettere che fare rock and roll, o fabbricare automobili, o vendere sapone, o impegnarsi in una ricerca scientifica, o qualsiasi altra cosa che le persone possono fare… non permettere che tutto questo diventi tanto importante da lasciarci trascurare i nostri amici, nostra moglie, i nostri figli o altre persone. In altre parole la canzone riprende i temi già trattati di What Shall we do now dove la condanna era diretta ai beni strettamente materiali.

In questo senso si comprende meglio la sopracitata affermazione di Roger: la guerra che i soldati combattono non è solo quella impostagli dai potenti, ma anche quella che combattiano dentro noi stessi. A partire da Nobody Home abbiamo assistito allo sdoppiamento tra le due personalità della rock-star; in Vera così come in Bring the boys back home la parte consapevole non intaccata dalla follia si rivolge all’uomo catatonico riverso sulla poltrona della sua stanza d’albergo, perchè trovi il modo di abbandonare la guerra dentro sè e tornare alle proprie radici (la casa).

TOGETHER WE STAND
DIVIDED WE FALL

E’ arrivato il libro della guida in italiano a Pink Floyd The Wall di Alan Parker,
una versione ampliata, riveduta e corretta dell’analisi contenuta in questo sito web.


Bring the boys back home

Bring the boys back home
Bring the boys back home
Don’t leave the children on their own,
no, no
Bring the boys back home

Riportate a casa i ragazzi

Riportate a casa i ragazzi
Riportate a casa i ragazzi
Non lasciate i bambini da soli,
no, no
Riportate a casa i ragazzi


L’analisi di Vera evidenzia i sentimenti dicotomici di Pink circa l’inutilità della speranza ed al contempo l’ottimismo insito nella speranza comune incarnato dalla cantante Vera Lynn; abbiamo intravisto un personaggio che va oltre se stesso nel riconoscere i sogni di coloro che hanno lasciato i propri cari partire per la guerra. Ciò che è stato solo insinuato in Vera, con Pink che chiede se c’è qualcun altro che si sente come lui, passa alla ribalta in Bring the boys back home. Qui, come in Another Brick in the Wall pt2 (la rivolta degli studenti) e in Hey You (insieme restiamo in piedi, da soli cadiamo), l’autore sogna la sua riscossa chiamando in causa gli “altri”. Mentre il coro domina l’intera canzone, si sente chiaramente la voce di Waters cantare sulla destra insieme agli altri (solo nella versione dell’album). Anche se nella parte finale le voci si affievoliscono, Pink grida ancora la parola “casa” con grande passione, entusiasmo che cede presto il passo al peso dei mattoni del suo muro rappresentati dalla voce del maestro che ripete il solito tormentone (Sbagliato, rifallo), la groupie (va tutto bene?), l’operatore telefonico che gli dice che un altro uomo ha risposto al suo telefono di casa.

Nonostante la realizzazione evidente che il suo autoimposto isolamento è stato un errore, il muro è ormai troppo alto per lui. Le voci del suo passato risuonano in un loop continuo fino al suono di un uomo che bussa alla porta, il suo manager, che gli grida dietro che è il momento di muoversi (Time to go). Spinto da questa nuova voce, nel tentativo di superare la porta della sua stanza simbolo dell’isolamento in cui si trova, Pink chiede per l’ultima volta: c’è qualcuno lì fuori (Is there anybody out there)?.

Nella rappresentazione cinematografica del brano, l’improvvisa apparizione dei batteristi che marcia nella nebbia è una perfetta introduzione alla sequenza nella quale la continuità narrativa viene scartata allo scopo di enfatizzare il significato di “risoluzione” di cui abbiamo poc’anzi trattato. Ogni persona presso la stazione ferroviaria si volta verso il giovane Pink cantando all’unisono, mentre il piccolo resta immobile nella sua piccola isola creata dalle persone che gli stanno intorno. Mentre in Vera Pink giovane si era trovato isolato dalla folla indifferente, ora ne è fisicamente separato. Si potrebbe dedurre dalle splendide immagini che le persone stiano rivolgendosi proprio a lui per la risoluzione della propria guerra interiore, invogliandolo a tornare a casa (e quindi sano di mente, se ci piace riprendere il significato di Nobody Home).

Mentre i batteristi marciano verso la nebbia, la scena si sposta su di un gruppo di soldati appoggiati alle mura sporche di una trincea. A differenza dell’arido paesaggio mentale di Pink presente in Nobody Home, qui i soldati sono tutti vivi e sani, quasi a suggerire che stia accadendo qualcosa di positivo. Un’altra interessante differenza da cogliere è quella presente in  The Thin Ice con il corpo di soldati che avanzano nella nebbia… in Bring the boys back home gli stessi soldati si muovono nella nebbia ma con uno spicchio di sole di mezzogiorno che penetra tra la foschia. L’immagine rappresenta chiaramente il messaggio positivo insito nella canzone, in questo momento Pink sta ottenendo un aiuto dalla collettività.

Purtroppo, nonostante questo barlume di consapevolezza ed ottimismo, la canzone termina bruscamente con il bambino che cammina all’interno della stazione e verso la familiare televisione. Dopo essersi seduto davanti all’onnipresente Dam Busters, un taglio di scena ci porta nuovamente nella camera d’albergo. I pensieri del suo passato si mischiano al suono di un uomo che picchia alla porta. Come in risposta alla sua domanda “C’è qualcuno là fuori?” entrano nella stanza il manager e la troupe di Pink.

Ed è con Comfortably Numb che assistiamo alla definitiva scissione di personalità della rock-star, oramai imprigionata nel suo folle alter-ego.


Curiosità

  • La canzone è stata registrata con il Coro Pontardoulais, per l’occasione Roger stesso è andato in Galles a fare le registrazioni. La versione del film è più lunga rispetto a quella dell’album ed è stata rilasciata come lato B del 45 giri di When the Tigers broke free.
  • Il film The Wall ha debuttato con un tempismo perfetto presso l’Empire Theatre dopo 30 giorni dalla fine della guerra nelle Falkland. Le sue dichiarazioni sulla guerra ed in particolare questa canzone hanno acquisito una nuova e voluta rilevanza alla luce del sanguinoso ed inutile conflitto che lo scrittore JL Borges ha ridicolizzato con la frase: due uomini calvi che combattono per un pettine.
  •  In The Wall-Live in Berlin, la East Berlin Radio Orchestra e l’East Berlin Radio Choir accompagnano Waters. In questa occasione il brano risulta più lungo per via della ripetizione del testo una seconda volta. La scenografia è imponente: sul palco, oltre a Waters, è presente la Military Orchestra of the Soviet Army. Sul muro prima appaiono centinaia di nomi, probabilmente caduti nella Seconda guerra mondiale. In seguito compare la scritta Bring the Boys Back Home a caratteri cubitali, per lasciare spazio all’immagine di un cimitero. A Berlino la canzone non viene chiusa dalla frase Is There Anybody Out There?, ma dalla sirena di un’ambulanza realmente presente sul palco da cui scende il bassista, pronto ad eseguire Comfortably Numb
  • Nel recente spettacolo live (2011) viene citata sul muro una frase del presidente americano Dwigth Eisenhower:
    “Every gun that is made, every warship launched, every rocket fired, signifies, in the final sense, a theft from those who hunger and are not fed, those who are cold and are not clothed.”
    “Ogni arma che costruiamo, ogni nave da guerra che variamo, ogni missile che lanciamo, rappresenta, alla fine, un furto nei confronti di chi ha fame e non è nutrito, di chi ha freddo e non è vestito”

Formazione

  • Roger Waters – voce
  • Joe Porcaro – rullante
  • 35 batteristi di New York tra cui Blue Ocean – rullanti
  • New York Opera – coro
  • New York Orchestra – archi

Immagini

ANALISI CRITICA A PINK FLOYD THE WALL DI ALAN PARKER


PINKFLOYDTHEWALL.IT – LA VERA STORIA DIETRO IL MURO © 2011-2023 Nicola Randone. Lyrics / Artwork © 1979 Pink Floyd / Gerald Scarfe. Images from the movie © 1982 Sony Music Entertainment. E’ facoltà di chi lo desidera riportare i contenuti della presente opera a patto di citare la fonte e comunque nella sola eventualità che si tratti di progetti senza finalità di lucro. Ogni uso non autorizzato dei testi sarà perseguito nei termini di legge.

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La vera storia dietro il muro

Indice dell’analisi

"Pink Floyd's 'The Wall': Dietro il muro" © 2011-2017 Nicola Randone. Lyrics / Artwork © 1979 Pink Floyd / Gerald Scarfe. Images from the movie © 1982 Sony Music Entertainment.
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