La vera storia dietro il muro

Another brick in the wall (parte 2)

Sin dal 1979, anno in cui è uscito il brano, diversi movimenti pseudo-anarchici hanno adottato Another Brick in the Wall part 2 come un vero e proprio inno di battaglia. Nel 1980, nel Sud Africa pre Mandela (e quindi con a capo l’apartheid), la canzone è stata censurata da tutte le emittenti radiofoniche e si è persino arrivati a bandire l’album e la band dal territorio nazionale quando un gruppo di giovani di colore attuarono un boicottaggio a livello nazionale del sistema scolastico.

Tuttavia quello che da molti è stato interpretato come il manifesto della rivoluzione studentesca, è in realtà il naturale proseguimento della precedente The happiest day of our lives: Pink reagisce all’umiliazione causatagli dal maestro evocando uno scenario di riscossa già anticipato nella scena precedente. Operando una decontestualizzazione è comprensibile di primo acchito attribuire al brano significati oggettivi, ma qui il protagonista è tutt’altro che un ideale: la scuola messa a ferro e fuoco, l’insegnante gettato nel rogo insieme ai suoi libri, sono tutte fantasie di un ragazzo che sogna la sua riscossa dopo essere stato umiliato in classe dal suo insegnante. Il significato è chiaro ed è al contrario ingenua un’interpretazione di tipo diverso. Se proprio vogliamo cercare un’interpretazione alternativa a quella che la trama ci propone, la rivoluzione che Pink sogna sul banco di scuola potrebbe intendersi come una lotta per rivendicare la propria individualità ed al contempo una critica contro gli insegnanti di quel tempo che ridicolizzavano le eccezionalità dell’individuo allo scopo di modellare le menti su uno stampo prefabbricato per compiacere il sistema politico di quegli anni.

TOGETHER WE STAND
DIVIDED WE FALL

E’ arrivato il libro della guida in italiano a Pink Floyd The Wall di Alan Parker,
una versione ampliata, riveduta e corretta dell’analisi contenuta in questo sito web.


Another brick in the wall – pt. 2

We don’t need no education
We don’t need
no thought control
No dark sarcasm in the classroom
Teachers leave them kids alone,
Hey teacher leave the kids alone
All in all it’s just
another brick in the wall
All in all you’re just
another brick in the wall

Teacher: Wrong! Do it again!
If you don’t eat your meat
you can’t have any pudding.
How can you have any pudding
if you don’t eat your meat?
You! Yes you laddie!
Poems, everybody!
The laddie reckons himself a poet!
An acre is the area of a rectangle
whose length is one furlong
and whose width is one chain.

Un altro mattone nel muro – pt. 2

Non abbiamo bisogno di educazione
Non abbiamo bisogno
di controllo del pensiero
Nessun cupo sarcasmo in classe
Insegnanti lasciate stare i ragazzi
Ehi, insegnante, lascia stare i ragazzi!
Dopotutto è solo
un altro mattone nel muro
Dopotutto siete solo
un altro mattone nel muro

Maestro: Sbagliato! Rifallo daccapo!
Se non mangi la carne
non puoi avere il dolce.
Come puoi avere il dolce
se non mangi la carne?
Tu! Sì tu, ragazzo!
Poesie.
Il ragazzo si sente un poeta!
Un acro è l’area di un rettangolo
la cui lunghezza è di un furlong
e la cui larghezza è di un chain.


La doppia negazione presente nel testo delle prime strofe rivela una interessante e nuova interpretazione della canzone che potrebbe seguire due strade, la prima è quella delle “negazioni che si annullano producendo un’affermazione”: “noi non abbiamo bisogno di nessuna educazione”  diverrebbe quindi “noi abbiamo bisogno di educazione”; la seconda  produce una figura retorica, detta litote, che consiste nel fare un’affermazione adoperando la negazione di un’espressione di senso contrario, in questo caso la frase diventa “noi non abbiamo bisogno di quel tipo di educazione”; qualunque sia l’intenzione entrambe portano a sottolineare l’aspetto esclusivo dell’esperienza di Pink nei confronti del sistema educativo e di quel sistema scolastico in particolare che è la scuola degli anni 50, ancora influenzata dal potere e dalle logiche della guerra.

La scelta del plurale (noi non abbiamo bisogno…), presente anche nel brano precedente (quando siamo cresciuti e andavamo a scuola), sminuisce la funzione del singolo a favore di quella collettiva, essenziale per operare cambiamenti importanti. Non è un caso che nel video Pink sia del tutto assente, egli è solo un semplice osservatore che sul margine sogna quella lotta ingaggiata da tutti gli altri per la conquista dell’indipendenza. Da questo si evince la bassa considerazione che il ragazzo aveva di sè stesso come anche l’evidente contraddizione che si ricava dalla necessità di conquistare la propria individualità attraverso un’azione di massa: come a dire che l’anticonformismo abbia bisogno del conformismo per potersi affermare.

Ombre di Martelli

Buona parte della sequenza video è stata disegnata da Gerald Scarfe: la scuola-fabbrica si rifà ad una delle illustrazioni ispirate proprio alla sua esperienza scolastica con i ragazzi che marciano a tempo di cassa e rullante (ancora una volta un’immagine militaresca) verso quel tritacarne che ridurrà in poltiglia quei già miseri brandelli di personalità ancora presenti. Tra le ombre del macchinario che trasporta i “cloni” verso la loro “morte”, si scorge quella di un martello azionato da quegli ingranaggi che consentono alla “macchina” (Welcome to the machine???) di operare. In tutta l’opera la figura del martello ha sempre un duplice significato di creazione e distruzione, uno strumento benefico ed insieme oppressivo. Lo stesso martello con cui costruisci una casa, ha lo stesso potere di buttarla giù e così nel film quel martello ha lo scopo di costruire cloni e al contempo di distruggere l’individualità di ogni persona. La dicotomia legata alla figura del martello verrà ampiamente trattata più avanti quando Pink si trasformerà nel terribile dittatore di In the Flesh Pt. 2.

Riguardo la “filosofia” del martello è interessante notare l’accostamento con l’opera di Nietzsche: il Crepuscolo degli idoli. Qui l’autore invita il suo pubblico di lettori a demolire il vecchio (l’idolo) per costruire l’uomo nuovo del Zarathustra, ed ecco che allo stesso modo gli alunni che inizialmente prendono consapevolezza dei limiti del sistema, si lasciano andare poi ad una rivoluzione violenta e distruttiva utile a porre le basi per una nuova ricostruzione. E’ molto probabile che Pink vedesse se stesso proprio come il superuomo di Nietzsche, e che abbia fatto lo stesso errore di interpretazione dei nazisti nel credere che solo con la violenza di un regime totalitario si sarebbero poste le basi per una nuova umanità.

Fuoco alla scuola

Musicalmente parlando Another Brick in the Wall è il brano più sostenuto della trilogia. E’ sempre stata abitudine dei Floyd far sì che la musica servisse i testi, ed è proprio questo brano che al di là del contenuto rappresenta meglio la crescita di Pink. Se la parte 1 è soggetta ad un personaggio in cui la autoconsapevolezza è ancora sul formarsi, nella parte due Pink è sufficientemente consapevole della propria “energia” e mette in pratica le sue intuizioni artistiche scrivendo poesie: non a caso il ritmo è più energico e l’esplosione finale dell’assolo di Gilmour sembra far pensare che Pink abbia vinto la sua battaglia. Lo stesso maestro che irrompe durante il coro degli allievi con la frase “Se non mangi la carne non puoi avere il dolce” sembra volersi discolpare giustificando la sua “cattiveria” nella terribile condizione di succube cui l’ha ridotto la moglie, ma per lui non ci sarà alcuna pietà, verrà portato sulla pira dove già bruciano banchi e libri, e così come si chiuderà il suo ciclo, così anche la costruzione del muro avrà fine ed il ragazzo potrà finalmente unirsi alla folla in festa per godersi la sua rivincita. Purtroppo la fantasia si rivela presto tale, il sogno svanisce e la scena torna con un taglio netto sul banco di scuola con la lezione di geometria ancora in corso; il muro è ancora lì e, disgraziatamente per Pink, è più alto di prima.

Curiosità

  • Nel 1980 la canzone fu adottata come inno dagli studenti neri durante la rivolta di Elsie’s River, in Sud Africa, per protestare contro la propaganda razziale. Il 2 maggio dello stesso anno la canzone fu censurata in quello stato.
  • L’idea di utilizzare il coro di studenti fu del produttore Bob Ezrin e nacque dall’esigenza di rendere il brano una hit da radio. In effetti, privata del “raddoppio”, la canzone sarebbe durata troppo poco per poter aspirare a diventare una hit da classifica. I Floyd inizialmente lo mandarono a quel paese dicendogli “We don’t do singles, so fuck you” (non facciamo singoli, quindi fottiti). Ezrin fece tutto da solo, trovò il coro, registrò su 24 piste i ragazzi che cantavano gli stessi versi, poi fece ascoltare a Waters il brano senza anticipargli la modifica. Waters ne fu soddisfatto.
  • Alan Renshaw, l’insegnante della Islington Green School, mise a disposizione i suoi alunni per il coro di Another Brick in the Wall parte 2. La scuola ricevette un compenso forfettario di 1000 sterline, solo successivamente, con la legge inglese sul copyright del 1996, ogni singolo allievo ricevette 500 sterline come compenso per i diritti d’autore. I diritti per un film sulla vita dell’insegnante sono stati invece acquistati da Andy Harries, già produttore di The Queen.

Formazione

  • Roger Waters – voce principale, basso elettrico
  • David Gilmour – chitarra principale, voce principale
  • Nick Mason – batteria
  • Richard Wright – organo

Video

Promo video ufficiale Another Brick in the Wall part 2

Immagini


ANALISI CRITICA A PINK FLOYD THE WALL DI ALAN PARKER


PINKFLOYDTHEWALL.IT – LA VERA STORIA DIETRO IL MURO © 2011-2023 Nicola Randone. Lyrics / Artwork © 1979 Pink Floyd / Gerald Scarfe. Images from the movie © 1982 Sony Music Entertainment. E’ facoltà di chi lo desidera riportare i contenuti della presente opera a patto di citare la fonte e comunque nella sola eventualità che si tratti di progetti senza finalità di lucro. Ogni uso non autorizzato dei testi sarà perseguito nei termini di legge.


3 commenti

  • Interessante è il collegamento con il filosofo Marcuse e il suo uomo “a una dimensione”. L’uomo a una sola dimensione è l’individuo alienato dalla società, è colui per il quale la ragione si è identificata con la realtà e che perciò non scorge più il distacco tra ciò che è e ciò che deve essere; sicché per lui, al di fuori del sistema in cui vive, non ci sono altri possibili altri modi di esistere. Infatti il sistema ha la capacità di far apparire razionale ciò che è irrazionale e di stordire l’individuo in un frenetico universo. Tale situazione fa sì che il soggetto rivoluzionario non sia più quello individuato dal marxismo classico, ossia il lavoratore salariato, ormai completamente “integrato” nel sistema, bensì quello rappresentato dai gruppi “esclusi” delle città opulente. Questi gruppi possono quindi incarnare il “Grande Rifiuto”, ossia l’opposizione totale al sistema e porre le basi per la traduzione dell’utopia nella realtà. Un’altra considerazione fatta da Marcuse, quella che più lo ha reso celebre presso gli studenti del ’68, è la grande importanza da lui attribuita all’immaginazione. La ragione e il linguaggio non sono più in grado di trascendere la realtà e di opporre un “grande rifiuto” al modello vigente, per questo la filosofia deve appellarsi all’immaginazione, unico strumento capace di comprendere le cose alla luce della loro potenzialità. Ed è quello che fa Pink: immagina una ribellione generale degli studenti guidati dal motto: “We don’t need no education”, “Noi non abbiamo bisogno di educazione”, intesa come quel tipo di educazione impartita dal maestro.

  • Quando l’insegnante grida “Sbagliato, fallo di nuovo” rivela l’errore del sistema educativo in quando non offre alcun insegnamento su come farlo bene, ma semplicemente rimprovera i ragazzi per aver fatto male costringendoli a rifarlo daccapo con il rischio di prendersi un’altra bacchettata sulle nocche.

  • Ho assistito ad una lezione di cinema legata agli effetti speciali e ad un certo punto hanno trasmesso alcune scene da Metropolis (un film mnuto del 1927) che mostrava 10 lavoratori di una fabbrica che marciavano in perfetta sincronia. Il modo in cui marciavano ed il significato di tutta la scena mi hanno ricordato immediatamente Another Brick in the Wall pt. 2. La marcia nei due film è quasi identica. Ho chiesto al docente ed egli mi ha risposto che Alan Parker ha fatto una citazione al film di Fritz Lang. Io non l’ho trovato difficilissmo da credere, anche se i due film hanno tematiche diverse oltre che stili per il fatto che uno è un bianco e nero e l’altro a colori, entrambi hanno un’atmosfera molto particolare con colori scuri. Solo la musica è diversa.

La vera storia dietro il muro

Indice dell’analisi

"Pink Floyd's 'The Wall': Dietro il muro" © 2011-2017 Nicola Randone. Lyrics / Artwork © 1979 Pink Floyd / Gerald Scarfe. Images from the movie © 1982 Sony Music Entertainment.
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