La vera storia dietro il muro

Outside the wall


Morale della storia: anche se le barriere personali o sociali erette per paura, oppressione, dolore o isolamento, continueranno ad assediare l’animo umano, solo il lavoro di ogni individuo socialmente consapevole, all’interno di una comunità, permetterà a quelli che decidono di abbattere il proprio muro di trovare una motivazione in più per farlo.

“Outside the Wall” agisce come una sorta di epilogo tematico piuttosto che narrativo, la vicenda di Pink è infatti messa da parte per dare spazio ad un altro protagonista: la comunità e le relazioni personali che fanno da fondamento alla vita di ognuno di noi.

Come accennato in “In The Flesh” nella versione in studio, alla fine della canzone Roger recita la frase  “Isn’t this where…” (“Non è qui che…”). La frase verrà poi completata all’inizio dell’album dove ritroveremo lo stesso motivetto unito alle parole “….we came in?” (… siamo entrati?). Il messaggio che l’artista vuole trasmetterci è quello di una sorta di eterno ritorno nietzschiano secondo il quale là dove cade un muro, da qualche parte ne sta sorgendo un altro.

Isn’t this where we came in? – Non è qui che siamo entrati?

TOGETHER WE STAND
DIVIDED WE FALL

E’ arrivato il libro della guida in italiano a Pink Floyd The Wall di Alan Parker,
una versione ampliata, riveduta e corretta dell’analisi contenuta in questo sito web.


Outside the wall

All alone, or in twos
The ones who really love you
Walk up and down outside the wall
Some hand in hand
Some gather together in bands
The bleeding hearts and the artists
Make their stand
And when they’ve given you
their all
Some stagger and fall
After all its not easy
Banging your heart
against some mad buggers Wall

Fuori dal muro

Da soli o a coppie
Quelli che davvero ti amano
Camminano su e giù fuori dal muro
Qualcuno mano nella mano
Qualcuno si riunisce in band
I cuori sanguinanti e gli artisti
Resistono
E quando hanno dato
tutto ciò che possono
Alcuni barcollano e cadono
Dopo tutto non è facile
Sbattere il tuo cuore contro il muro
di un pazzo bastardo


Nel testo, quelli che realmente ci amano solo gli unici che “camminano su e giù fuori dal muro” cercando di stabilire un contatto con i propri cari intrappolati. E dal generale, si passa poi al particolare: quel “qualcuno mano nella mano” è presumibilmente la moglie di Pink che ha tentato di sfondare le barriere personali del marito “barcollando” ed infine “cadendo” (in quanto ha deciso di lasciarlo); quegli altri “riuniti in band” rappresentano verosimilmente dei gruppi di persone, gli amici ad esempio; mentre “i cuori sanguinanti e gli artisti” sono le persone sensibili insieme agli artisti.

Anche se il ciclo è destinato a riproporsi con la frase finale “Isn’t this where…” (che poi si ricongiunge alle prime tre parole che si sentono all’inizio dell’album …we came in?), c’è sempre speranza che questo possa essere spezzato, perché non importa quanti muri possono essere eretti, la cosa importante è che ci saranno sempre persone là fuori che si impegneranno per buttarli giù.

Se la storia di Pink può insegnarci qualcosa è che anche se il ciclo di violenza ed oppressione si ripete, la soluzione per spezzare la catena è un cambio di prospettiva, la realizzazione che nonostante tutto non si è soli.

La sequenza del film di “Outside the Wall” appoggia questo messaggio di speranza. Dopo l’esplosione del muro, la polvere bianca che segue alle macerie si dissolve lasciando il posto ad una scena dove un gruppo di persone sono impegnate a ripulire il luogo dalle macerie. La fotocamera si sposta verso il basso fino ad inquadrare dei bambini piccoli che raccolgono mattoni e altri rottami in ceste e con dei camion giocattolo.

Alcuni sostengono che i bambini rappresentino metaforicamente proprio quel ciclo di cui parlavamo, che siano quindi una nuova generazione di isolati che raccolgono i mattoni per i propri muri; altri interpretano la scena con una maggiore ottimismo: c’è un momento in cui un bambino si disgusta dell’odore di benzina in una bottiglia (che probabilmente sarebbe stata usata come molotov), versandone il contenuto per terra; come lo stesso Waters dice tra i commenti del DVD, quel bambino sta “disinnescando” un’arma ed insieme a lui, tutti sono impegnati a riportare ordine nel caos della generazione precedente. Waters continua dicendo che il bambino “decide di costruire piuttosto che distruggere”, rompendo così il ciclo di oppressione e di violenza in un solo istante.

Ed è così che la storia finisce. O forse… è così che inizia nuovamente con la voce che pronuncia la frase “Isn’t this where…” e la melodia che si ricollega a quella che sentiamo all’inizio dell’album. Nell’opera di Roger Waters non c’è alcuno spazio per il buonismo, egli sa benissimo che per quanto questa volta sia andata bene, da qualche parte c’è qualcun altro che sta costruendo un muro ancora più alto e con conseguenze ancora più disastrose, ed è così che la storia di una rock star diventa quella di ognuno di noi, mentre i personaggi della storia diventano altrettanto universali come il protagonista: la madre, il padre, il maestro, la sposa, non sono altro che figure simboliche con le quali ci relazioniamo nel corso delle nostre vite. Anche se i dettagli della storia sono diversi, i temi di fondo legati all’umanità presente in ognuno di noi ed al suo degrado dovuto alla disconnessione personale e sociale sono universali.

La storia di Pink è finita, egli ha distrutto il suo muro ed ha iniziato a vivere. La nostra storia al contrario è ancora in corso, ed assistere ad un’opera illuminata come quella dei Pink Floyd ci porta a riflettere su come stiamo vivendo la nostra vita, se stiamo costruendo un muro o stiamo abbattendo quegli ostacoli che ci allontanano dagli altri, per quanti e quali mali nel mondo siamo responsabili, se stiamo contribuendo ad innalzare mura tra le nazioni ed i popoli e soprattutto… quale versione di Pink abbiamo scelto di essere, il dittatore o l’uomo?

Riguardo Roger Waters, l’autore del lavoro, in un’intervista a Rolling Stone dice a proposito del suo muro: Scende mattone dopo mattone. Crescere significa proprio questo, smantellare il proprio muro mattone dopo mattone e scoprire che quando lasciamo cadere le nostre difese, diventiamo più “amabili”. Non sto dicendo che il mio muro è completamente abbattuto, ma nel corso degli anni ho permesso ad esso di sgretolarsi e mi sono aperto alla possibilità di Amare.

Sia Pink che Roger quindi sembrano aver trovato la strada giusta, adesso non resta che rivolgere il pensiero a noi stessi e acquisire consapevolezza di quel muro anche piccolo che non ci permette di godere appieno della nostra vita e che è arrivato il momento di prendere a picconate.


ANALISI CRITICA A PINK FLOYD THE WALL DI ALAN PARKER


PINKFLOYDTHEWALL.IT – LA VERA STORIA DIETRO IL MURO © 2011-2023 Nicola Randone. Lyrics / Artwork © 1979 Pink Floyd / Gerald Scarfe. Images from the movie © 1982 Sony Music Entertainment. E’ facoltà di chi lo desidera riportare i contenuti della presente opera a patto di citare la fonte e comunque nella sola eventualità che si tratti di progetti senza finalità di lucro. Ogni uso non autorizzato dei testi sarà perseguito nei termini di legge.

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La vera storia dietro il muro

Indice dell’analisi

"Pink Floyd's 'The Wall': Dietro il muro" © 2011-2017 Nicola Randone. Lyrics / Artwork © 1979 Pink Floyd / Gerald Scarfe. Images from the movie © 1982 Sony Music Entertainment.
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